lunedì 6 luglio 2020

CRONACHE DI UNA QUARANTENA PT.1 - STOP


PREFAZIONE

Prima di mettere giù sul serio questi scritti, ho deciso di aspettare che finisse il periodo di quarantena. C’era già qualcosa in cantiere nel perdurare dell’emergenza, ma ad un certo punto ho deciso volontariamente di fermarmi, non potevo mettere nero su bianco emozioni che ancora non riuscivo a decifrare sul serio. 

Avevo bisogno di metabolizzare tutto quello che ci stava succedendo, per poi decifrarle come un messaggio che arriva dal profondo universo. Quando si è al cospetto di cose che non si conoscono, mettere giù giudizi acerbi è il più grande errore che si possa commettere. 

Dovrebbe essere un mantra. Ognuno ha vissuto questo strano, assurdo ed irreale periodo a modo suo. Quello che leggerete, è stato il mio. Forse anche il vostro, chi lo sa.




STOP

Sai quando pensi che a te una cosa non possa mai accadere? Ecco qual era la nostra sensazione all’inizio dell’epidemia da Covid-19

Guardavamo increduli a quelle immagini che giungevano dalla Cina ma come si suol dire, è lontana migliaia di chilometri dall’Italia. "Paese lontano, problema lontano", un pensiero che oscillava tra la consolazione e l’illusione. 

Ce ne rendemmo conto quando una mattina, al nostro risveglio ci ritrovammo catapultati in quelle immagini che eravamo soliti vedere al telegiornale mentre ci si gustava una tranquilla cena in famiglia. 

Divieto assoluto di uscita. La libertà di cui godevamo fino al giorno prima si era ridotta a cento metri quadri, c’era chi superava anche i duecento, ma poco importava la sostanza era la stessa. Quelle mura che ci aspettavano a fine giornata per consolarci, difenderci dal feroce e reale mondo esterno, diventarono il nostro più grande nemico. 

Per poter fare anche la più piccola delle passeggiate bisognava essere in possesso di un valido motivo, come quello di andare a fare rifornimenti di beni di prima necessità. La spesa per intenderci. Se eri fortunato riuscivi a beccare qualcuno con cui fare due chiacchiere, e ti consolava vedere un viso diverso dai soliti due, tre che ormai avevi davanti agli occhi per ventiquattro ore al giorno.

Eravamo nelle nostre prigioni d’oro senza avere la minima idea di quando sarebbe finito. Certo, una prigione a quattro stelle, ma una prigione resta sempre tale, anche se arredata a festa. E se è psicologica, non ne esci. Leggere 1984 di Orwell era come leggere le cronache quotidiane sul giornale, incredibile.

Riflettevo in quei primi giorni di quarantena sul fatto che a spaventare non era il virus, non era la morte che sembrava ormai aleggiare sulle nostre teste, reale o relativa.

Era l’ignoto, il non sapere cosa ci attendeva d’ora in avanti e come sarebbero cambiate le nostre vite.

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