venerdì 4 dicembre 2020
sabato 21 novembre 2020
SOLCHI
martedì 10 novembre 2020
VIVERE COME UN EQUILIBRISTA
Vivere sospesi
come un Equilibrista
ignaro del perché non cada
ma cosciente del perché è in piedi
tra il precipitare in sé stessi
e sopravvivere
Vivere come un Equilibrista
non considerando mai la fine della corda
che potrebbe dissolversi
sotto gli ultimi tre passi
come un Equilibrista
ignaro del perché non cada
ma cosciente del perché è in piedi
tra il precipitare in sé stessi
e sopravvivere
non considerando mai la fine della corda
che potrebbe dissolversi
sotto gli ultimi tre passi
sabato 24 ottobre 2020
NAPOLI STAI TRANQUILLA
Napoli,
Stai tranquilla
Sei sempre stata tu
A rialzarti
Sei sempre stata tu
A dare calore
Sei sempre stata tu
Ad abbeverare le strade,
Colmare i solchi
Sei sempre stata tu
E sarai sempre
Fuoco e speranza
Napoli,
oggi devi avere pazienza
Il tuo fervore , il tuo caos .
La tua adrenalina
Devono placarsi
Alla gente di Napoli,
Ai sorrisi che mi avete dato
Quando sola e spaesata
Cominciavo una nuova avventura .
La mia prima vera avventura da grande.
All'università della strada ,
A piazzetta Nilo .
All'università della vita,
Napoli,
Tu sei molto più di questo.
"nun te proccupà, ce sta 'o mar for."
martedì 11 agosto 2020
Non voglio pensare
Preferisco nuotare
Tra le foglie arancioni
Voglio entrare nelle tue prigioni
Magari sorridere ai pedoni
Scrivere sui muri
Agli animi più duri
“Non sognare
il domani
Disegniamo gli aeroplani
Con le scie delle nuvole
Scaliamole , le
cupole
Mano nella mano
Insieme , lontano ’’
lunedì 20 luglio 2020
CRONACHE DI UNA QUARANTENA PT.3 - INCERTEZZA
Dove inizia e dove finisce il vento?
Eppure lo senti, sai che c'è, ma non lo vedi, non puoi toccarlo. Ma lui ti accompagna, sfiorandoti o spingendoti verso il tuo destino. Arriva e se ne va, senza proclami, non si sa dove.
Eppure lo senti, sai che c'è, ma non lo vedi, non puoi toccarlo. Ma lui ti accompagna, sfiorandoti o spingendoti verso il tuo destino. Arriva e se ne va, senza proclami, non si sa dove.
Quell’epidemia era così, quella quarantena era così, caratterizzate da un'incertezza logorante. Non si riusciva a
guardare oltre quell’orizzonte che ci sembrava sconfinato. Ci aveva portato in
dote un carico di incertezza, e ce lo aveva scaricato sulle spalle senza che ce
ne accorgessimo.
Era passato
un mese dall’inizio del lockdown ed eravamo agli albori di un aprile senza
sapore. Ci interrogavamo continuamente su quando la normalità ci avrebbe
raggiunto di nuovo. Magari chiedendoci scusa e spiegando che si era dovuta
assentare per un po’, ma era tornata, finalmente.
Le uniche
risposte erano formate per metà ipotesi e per metà speranze. Più del virus a
spaventarci era l’incertezza di quello che ci attendeva. Lo si leggeva sulla
faccia di tutti. Volti spossati, sfuggenti popolavano le strade in modo fugace.
Cosa faremo?
A che punto saremo tra un mese? Soprattutto saremo le stesse persone di prima?
Certo che no, su questo c’era poco da essere incerti.
Navigavamo a
vista, in un mare agitato dai “se” e dai “forse”. Eravamo spaventati,
certo, ma da cosa?
Dal virus?
Dalla crisi economica che si paventava giorno dopo giorno? O dal fatto di non
riuscire a vedere la fine?
O dalla consapevolezza che non saremmo mai più stati gli stessi e non
potevamo fare nulla per evitarlo?
Probabilmente quell'epidemia ci stava solo spingendo come il vento verso un destino che non avevamo preventivato, o del quale non ci eravamo mai resi conto.
lunedì 13 luglio 2020
CRONACHE DI UNA QUARANTENA PT.2 - SILENZIO
Se solo ci fosse stato un modo per registrare quel silenzio
che aleggiava su di noi. Era un silenzio assordante al punto da farti sentire a
disagio. Il silenzio urlava una solitudine che serpeggiava tra le strade come
un fiume sordo, impetuoso ma senza far rumore.
Non eravamo abituati al
silenzio, non lo riuscivamo ad accettare eppure era lì ad aspettarci. Ti
avvolgeva senza volerlo e ti costringeva ad ascoltare che rumore fa quello che
hai dentro.
Mentre ero lì ad ascoltare l’inascoltabile, salì alla ribalta dei
miei ricordi una frase detta diversi anni prima da mio padre nel giorno della
ricorrenza del terremoto del 1980 che distrusse l’Irpinia: “Da quel giorno le nostre vite si spaccarono
proprio come la terra aveva fatto sotto i nostri piedi, dividendole in prima e
dopo il terremoto”.
Ricordando ed
analizzando il tutto, iniziai a fare mie quelle parole, capendo di colpo di
trovarmi nella stessa identica situazione. Dal giorno dell’inizio della
quarantena, nella mia vita come in quelle di tutti si era tirata una linea
netta, che segnava indissolubilmente un prima ed un dopo.
La differenza con il
terremoto è che quest’ultimo fa rumore, agita tutto, ti arriva addosso come
un’onda anomala. Mentre nella nostra situazione è stato come se di colpo tutto avesse cessato di esistere,
all’improvviso. Tutto era lì, al loro posto, ma non esisteva.
C’eravamo solo
noi, ed un silenzio che ti spaccava i timpani.
lunedì 6 luglio 2020
CRONACHE DI UNA QUARANTENA PT.1 - STOP
PREFAZIONE
Prima di mettere giù sul serio questi scritti, ho deciso di
aspettare che finisse il periodo di quarantena. C’era già qualcosa in cantiere
nel perdurare dell’emergenza, ma ad un certo punto ho deciso volontariamente di
fermarmi, non potevo mettere nero su bianco emozioni che ancora non riuscivo a
decifrare sul serio.
Avevo bisogno di metabolizzare tutto quello che ci stava succedendo, per poi decifrarle come un messaggio che arriva dal profondo universo. Quando si è al cospetto di cose che non si conoscono, mettere giù giudizi acerbi è il più grande errore che si possa commettere.
Dovrebbe essere un mantra. Ognuno ha vissuto questo strano, assurdo ed irreale periodo a modo suo. Quello che leggerete, è stato il mio. Forse anche il vostro, chi lo sa.
Avevo bisogno di metabolizzare tutto quello che ci stava succedendo, per poi decifrarle come un messaggio che arriva dal profondo universo. Quando si è al cospetto di cose che non si conoscono, mettere giù giudizi acerbi è il più grande errore che si possa commettere.
Dovrebbe essere un mantra. Ognuno ha vissuto questo strano, assurdo ed irreale periodo a modo suo. Quello che leggerete, è stato il mio. Forse anche il vostro, chi lo sa.
Sai quando pensi che a te una cosa non possa mai accadere?
Ecco qual era la nostra sensazione all’inizio dell’epidemia da Covid-19.
Guardavamo increduli a quelle immagini che giungevano dalla Cina ma come si suol dire, è lontana migliaia di chilometri dall’Italia. "Paese lontano, problema lontano", un pensiero che oscillava tra la consolazione e l’illusione.
Ce ne rendemmo conto quando una mattina, al nostro risveglio ci ritrovammo catapultati in quelle immagini che eravamo soliti vedere al telegiornale mentre ci si gustava una tranquilla cena in famiglia.
Divieto assoluto di uscita. La libertà di cui godevamo fino al giorno prima si era ridotta a cento metri quadri, c’era chi superava anche i duecento, ma poco importava la sostanza era la stessa. Quelle mura che ci aspettavano a fine giornata per consolarci, difenderci dal feroce e reale mondo esterno, diventarono il nostro più grande nemico.
Per poter fare anche la più piccola delle passeggiate bisognava essere in possesso di un valido motivo, come quello di andare a fare rifornimenti di beni di prima necessità. La spesa per intenderci. Se eri fortunato riuscivi a beccare qualcuno con cui fare due chiacchiere, e ti consolava vedere un viso diverso dai soliti due, tre che ormai avevi davanti agli occhi per ventiquattro ore al giorno.
Eravamo nelle nostre prigioni d’oro senza avere la minima idea di quando sarebbe finito. Certo, una prigione a quattro stelle, ma una prigione resta sempre tale, anche se arredata a festa. E se è psicologica, non ne esci. Leggere 1984 di Orwell era come leggere le cronache quotidiane sul giornale, incredibile.
Riflettevo in quei primi giorni di quarantena sul fatto che a spaventare non era il virus, non era la morte che sembrava ormai aleggiare sulle nostre teste, reale o relativa.
Era l’ignoto, il non sapere cosa ci attendeva d’ora in avanti e come sarebbero cambiate le nostre vite.
Guardavamo increduli a quelle immagini che giungevano dalla Cina ma come si suol dire, è lontana migliaia di chilometri dall’Italia. "Paese lontano, problema lontano", un pensiero che oscillava tra la consolazione e l’illusione.
Ce ne rendemmo conto quando una mattina, al nostro risveglio ci ritrovammo catapultati in quelle immagini che eravamo soliti vedere al telegiornale mentre ci si gustava una tranquilla cena in famiglia.
Divieto assoluto di uscita. La libertà di cui godevamo fino al giorno prima si era ridotta a cento metri quadri, c’era chi superava anche i duecento, ma poco importava la sostanza era la stessa. Quelle mura che ci aspettavano a fine giornata per consolarci, difenderci dal feroce e reale mondo esterno, diventarono il nostro più grande nemico.
Per poter fare anche la più piccola delle passeggiate bisognava essere in possesso di un valido motivo, come quello di andare a fare rifornimenti di beni di prima necessità. La spesa per intenderci. Se eri fortunato riuscivi a beccare qualcuno con cui fare due chiacchiere, e ti consolava vedere un viso diverso dai soliti due, tre che ormai avevi davanti agli occhi per ventiquattro ore al giorno.
Eravamo nelle nostre prigioni d’oro senza avere la minima idea di quando sarebbe finito. Certo, una prigione a quattro stelle, ma una prigione resta sempre tale, anche se arredata a festa. E se è psicologica, non ne esci. Leggere 1984 di Orwell era come leggere le cronache quotidiane sul giornale, incredibile.
Riflettevo in quei primi giorni di quarantena sul fatto che a spaventare non era il virus, non era la morte che sembrava ormai aleggiare sulle nostre teste, reale o relativa.
Era l’ignoto, il non sapere cosa ci attendeva d’ora in avanti e come sarebbero cambiate le nostre vite.
mercoledì 17 giugno 2020
POESIA DI MARIELLA BERNIO
E torneranno i cieli di marzo
e gli occhi delle viole
nei giardini toccati dal vento.
Faranno nuovi nidi
i merlotti in amore
Metterò un vaso
alla finestra
vermiglie bocche
di gerani in fiore
a sorridere al tuo ritorno.
Ci sarai
lo sento
lo so.
Ci sarai
nelle gemme vive
delle rose
fra i rami scossi
dell'ulivo.
Sarai nel mio respiro
perché io lo so
che tu torni
(a mia Madre)
e gli occhi delle viole
nei giardini toccati dal vento.
Faranno nuovi nidi
i merlotti in amore
Metterò un vaso
alla finestra
vermiglie bocche
di gerani in fiore
a sorridere al tuo ritorno.
Ci sarai
lo sento
lo so.
Ci sarai
nelle gemme vive
delle rose
fra i rami scossi
dell'ulivo.
Sarai nel mio respiro
perché io lo so
che tu torni
(a mia Madre)
lunedì 15 giugno 2020
TEMPISMO
Quante volte nelle situazioni più disparate ci si chiede
quale sia la chiave per far si che tutto vada per il meglio.
L’impegno? La
costanza? La bravura? Sono tutte caratteristiche necessarie ma non sufficienti.
Puoi essere il migliore in quello che fai, metterci l’anima, amare a più non
posso, ma non basta. Ci vuole fortuna? Forse, o meglio, ci siamo quasi.
Il vero
perno delle dinamiche è in quel “al posto giusto al momento giusto” traducibile
in una sola parola: Tempismo. Se una scelta la si fa con il tempismo giusto,
non ci sono santi che tengano, non ci sarà niente che potrà venirti contro.
Ovviamente non è un qualcosa che decidiamo noi arbitrariamente. Nella vita
avere tempismo, riuscire ad essere padroni di questa chiave, fa la differenza tra
il successo ed il fallimento. Capita di avere tutte le carte in regola, ma
semplicemente non è il momento giusto.
Bisogna avere il tempismo di un
arcobaleno, che riesce a colorare tutto dopo essere stati avvolti dalle tenebre. Fondamentale però è accettare questa condizione, mai forzarla. Non avrebbe
senso.
Quindi nella vita non auguratevi di avere fortuna, ma di ritrovarvi nel
posto giusto al momento giusto. Auguratevi di avere tempismo in tutto.
POESIA DI ROBERTA TANTILLO
Nel conto delle cose che mi restano
occupa tre posti a fila il silenzio.
È ingombrante come un obeso
in metropolitana,
pesante come il fiato di fritto
però io lo amo
e gli cucino piatti prelibati
e me lo coccolo, me lo sfriccico,
me lo tengo caro come una perla sul comò
e lo osservo
quando riposa, tondo, ovattato,
tutto guance e pance
il mio silenzio,
personalissimo privilegio
occupa tre posti a fila il silenzio.
È ingombrante come un obeso
in metropolitana,
pesante come il fiato di fritto
però io lo amo
e gli cucino piatti prelibati
e me lo coccolo, me lo sfriccico,
me lo tengo caro come una perla sul comò
e lo osservo
quando riposa, tondo, ovattato,
tutto guance e pance
il mio silenzio,
personalissimo privilegio
sabato 30 maggio 2020
SULLA BATTIGIA - Poesia di Vincenzo Pollinzi
Lingue di fuoco saettano
versi infuocati su orizzonti lontani
e giostrano sulle colline come
giochi irrequieti i segnali del cielo.
Dura un attimo, sparso tra gli umori
umidi del tempo, ogni tempesta.
Poi il cielo, stremato, va pensoso
in cerca del suo riposo.
Le nuvole vanno diradandosi come
macchie di fumo gettate nel vento
che mi passa accanto e sfiora
il mio già dormiente percepire.
versi infuocati su orizzonti lontani
e giostrano sulle colline come
giochi irrequieti i segnali del cielo.
Dura un attimo, sparso tra gli umori
umidi del tempo, ogni tempesta.
Poi il cielo, stremato, va pensoso
in cerca del suo riposo.
Le nuvole vanno diradandosi come
macchie di fumo gettate nel vento
che mi passa accanto e sfiora
il mio già dormiente percepire.
domenica 24 maggio 2020
(NON)
Una rosa volevo portarti
Per amarti
Tra gli altri
E pesarti l’anima mia
Liberarmi da ogni ipocondria
E mentre scrivo ho i tuoi occhi accanto
E intanto
Accantono lo sguardo
Perché lo sento
con me
(non) saresti contento.
Non mi resta che
Cibarmi di ricordi
E tutti i tramonti
Che abbiamo ammirato
Perché io ci son stato
E tu, tu non mi hai amato.
venerdì 22 maggio 2020
NON MI FA PAURA - Poesia di Ornella Mereghetti
Non mi fa paura andare a fare una puntura alla vicina di casa dimessa dopo il Covid.
Non mi fa paura dormire la Notte, da sola.
Non sento paura nell'affrontare un nuovo dolore, la solitudine di mia madre, la sua follia.
Non sento dolore nel camminare sola, la mascherina in volto,
la mia malattia.
Ho paura quando sento nuove sirene.
Ho paura quando figure professionali (medici, governanti,politici),non si prendono le loro responsabilità.
Sento paura quando arriva un terremoto.
Ho il terrore che l'essere umano perda di umanità.
Mi rattrista chi muore di fame, mi rende impotente una guerra.
Non mi fa paura sapere che ho consumato tutte le scarpe per la salita. Restare a guardare le figlie che vivono lontano la loro vita.
Non avere un amore.
Non mi fa paura il mutuo da pagare. Il silenzio di casa.
Non sento dolore se oggi ho le mani gonfie, se le ginocchia da operare oggi urlano riposo.
Ho paura quando la mano di Caino uccide.
Ho paura quando l'ignoranza sale in cattedra.
Sento paura per il futuro incerto, non il mio, quello dell'Universo.
Mi fa terrore l'egoismo che dilaga.
Mi rattrista vedere che la nostra Terra, martoriata, mandi segnali
per essere salvata, e noi indifferenti distanti e muti.
Ho la disperazione di chi vede dissipati i sogni.
Ho bisogno del senso di Festa dentro a una nascita.
Dell'illusione fedele di chi ha un cuore puro.
Della tenerezza di un nuovo fiore.
Ho bisogno di credere in uno slancio di dolcezza.
Di sentire che, ad ognuno di noi è caro il Mondo.
mercoledì 20 maggio 2020
SCATOLA CINESE - Poesia di Maria Rosa Oneto
Aggrappata a quel
filo di luce
che pareva: rassegnazione,
dondolavo
il pesco in fiore,
come stelle
in prima sera,
timorose di mostrarsi.
Non c'era dolore, né
rimpianto
che potessero ferirmi
dopo una vita,
sbandata, sciolta nell'alcool,
"fumata" senza pensieri.
Il cielo era nero,
posseduto dal demonio.
L'anima rattrappita
in una scatola cinese,
pareva infischiarsene
del mandorlo in fiore,
dell' "eterno dominio"
che dall'alto la chiamava
e di quel fulmine
pronto a liberarla
nella fatica di renderla
immortale!
lunedì 18 maggio 2020
BEVO CONFORTO - Poesia inedita di Lamica Previato
Questa sera
odora di pioggia.La sento sull'erba,
mentre il ricordo del sole.
Si riflette sulle case un pallido sorriso
si impadronisce
dei miei denti,
un leggero tornare a me.
Entra in corpo
portando a spasso
tutto il suo contenuto.
La pioggia a fili bagna l' aria
pretenziosa di essere a ferragosto,
passa attraverso il mare
e le memorie di nebbia,
piena e ripiena
di questo mischiarsi
mi rivolgo all'acqua
e bevo conforto
nel tempo del ristoro.
sabato 16 maggio 2020
TRA I MIEI PASSI
Dal porto delle fragole,
fisso l'orizzonte
tra la striscia delle colline
e i miei passi,
che sentono il suono
di campane lontane.
Sei un tenue fiore
assetato di sfumature
e dalla mia mano
riposa il luogo
della carne,
sofferto,
scavato,
macchiato
dagli ombrelli neri
degli arbusti.
Vogliono sommergere il giorno.
Donerò loro
l'ultimo grano fanciullo.
lunedì 13 aprile 2020
FRAGILE
Dell'anima
E faccio le file
Per raccattare coraggio
Vorrei fare un viaggio
Tra le tue mani
Entrarti in testa
Dirti che gli addii
Sono per chi non ha coraggio
Ah, sto coraggio
Meno male che ne ho un po'
Se no era da un bel po'
Che ero fuggita
Mi ero mangiata le dita
Dalla rabbia
Perché nei rapporti ci metto costanza
Non sono una circostanza
Da maneggiare
(con cura)
Non sei una circostanza
Da consumare
(preferibilmente)
martedì 7 aprile 2020
ESISTI, VIVENDO.
Tranquillo e impassibile
È il fato? Qualcuno si chiede.
Probabilmente, egli si risponde.
Qualcuno,d'altronde, ha sempre creduto nel destino.
Qualcuno se ne sta;
abitando la sua vita
come un vecchio sul ciglio del suo focolare domestico.
Qualcuno ha costruito il suo nido;
per farlo, ha scelto con cura i ramoscelli più vigorosi.
Disponendoli meticolosamente,
Qualcuno ha creduto a lungo di poter tallonare
il corso della propria esistenza
semplicemente Esistendo,
placido e riparato,
nella sua bolla di vetro,
nel suo nido intrecciato di vita.
Può però capitare,
nella quotidianità di Qualcuno,
che
l'imprevedibilità del vento,
un'improvvisa tempesta,
un sole d'agosto rovente e abbagliante,
possano minare il precario equilibrio dei suoi ramoscelli
con tanto zelo intrecciati.
Qualcuno si sente smarrito,
davanti al pericolo incombente.
Un'esistenza al riparo
aveva sempre desiderato.
E ora?
Il nido è stato abbattuto.
Qualcosa ha,inevitabilmente,provocato
la sua rovina!
È il fato? Qualcuno si chiede.
Probabilmente, egli si risponde.
Qualcuno,d'altronde, ha sempre creduto nel destino.
Con fare lento ed esitante, Qualcuno lascia, rammaricato, il suo nido.
Cominci a muovere i primi passi verso una vita che lo vuole Vivo.
Qualcuno ha paura, ma ad un tratto.. una flebile vocina:
"Corri", gli grida.
Una strada affollata. Un bambino e la sua palla. Qualcuno inciampa.Ma si rialza. Un semaforo. Il cuore in gola. Qualcuno avanza spedito, le gambe tremanti. Il respiro affannoso. Le macchine. Le luci. Il frastuono.
Dove sta andando?
Qualcuno,non lo sa.
Eppure,le sue gambe continuano a correre, quasi senza rendersene conto.
Qualcuno, forse, è stato scelto.
Ma, da cosa? O, da chi?
Alla fine della strada, probabilmente, Qualcuno lo scoprirà.
Il nido infranto è il richiamo della vita, alla vita!
L'appello al rischio;
è questo che ci rende vivi.
Qualcuno, finalmente, l'ha capito:
Si esiste soltanto Vivendo!
lunedì 6 aprile 2020
HO PERSO LA CONNESSIONE
E' il magone
Che trattengo in gola
Tra le lenzuola
Ma ora?
Chi mi riaccende i giorni?
E l'aurora?
Dio mio, quando torni?
Sarà questa luna piena
A non farti uscire di scena
Sai, mi ricorda la palla
Che mi lanciavi piano
Risalgono a galla
I discorsi sul divano
E i bicchieri di vino insieme
Adesso,si,che ho sete!
Mi dicevi che ogni seme
Fiorisce a suo tempo
Per me ,resti dentro.
''Hai vent'anni, devi appicciare il mondo''
Scusa, ma mi serve un secondo
Per riprendere fiato
Abituarmi a un suono più pacato
Non sarai una fase lunare
Un miraggio astrale
Perché chi sa amare
Sfugge al creare
Della legge universale.
LEI, LA LUNA
Lei era come la Luna piena, capace di oscurare tutte le
stelle del firmamento, anche quelle più belle e luminose. Stupenda e
spettacolare.
Lui era stato la sua Terra, era costantemente attratto da lei
ed era il suo punto di riferimento in quel buio sconfinato che è l’universo.
L’unico problema è che ad un certo punto lei scompare,
lasciandogli un senso di vuoto e disperazione. Accadeva ciclicamente e quando
non scompariva cambiava faccia molto spesso.
Quando poteva si mostrava piena e luminosa, attirando su di
lei tutti gli sguardi. E lui si dimenticava di tutto il resto, sperando che
restasse così per sempre, nonostante fosse consapevole che l’avrebbe rifatto,
mostrandogli il lato più oscuro.
Lui continuava ad attendere Lei, la Luna, lì, sempre nello
stesso posto, guardandola sempre nello stesso modo, non cambiando mai. Aveva
l’impressione che questa giostra, questo gioco, potesse andare avanti per
sempre.
Erano due pilastri dello stesso sistema, tolto uno, crollava
tutto. Non avrebbe più potuto fare a meno di lei, nemmeno desiderandolo con
tutto il cuore.
Ogni pianeta ha la sua Luna e lui ha la sua con tutti i
difetti annessi. Ha deciso di legarsi a lei soffrendo maledettamente, ma la sua
bellezza compensa qualsiasi dolore.
Dopotutto, come ci si potrebbe orientare in una notte nella
quale il buio è steso a pennellate, senza di Lei, la Luna?
*Musica: Claire de Lune – Claude Debussy
*Musica: Claire de Lune – Claude Debussy
sabato 28 marzo 2020
SE
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